Una pittura forte, pulita, matura. Una capacità espressiva definita e pur tuttavia inquietante. Luci e chiaro-scuri di grande impatto emotivo, pennellate minuziose, alcune cupezze che sgorgano spontanee da un animo sensibile, ma senza improvvisazioni. Vigorosa preparazione, solidità e grande serietà professionale traspaiono nelle opere dell’artista.

Paolo Bertoletti


Un insieme di opere che danno bene l’idea di un’animo sensibile, inquieto, fervido, contemplativo.
Attraverso l’eterno e sempre risorgente veicolo del Mito greco e di quello di Ulisse in particolare che, nel corso dei millenni, ricompare continuamente generando, di tempo in tempo, sia il più profondo ricordo della Classicità sia il più spericolato spirito avanguardistico. Ulisse, l’ eroe che congloba in sè il positivo e il negativo. Astuto e crudele, forte e spietato, generoso e altero. Enigmatico quanti altri mai.
La Morganti ha composto, in tal senso, una serie di quadri che non si potrebbero pensare più accurati, perfetti.
 Nella visione del Mito rifulge la sua abilità sottile di grafica impeccabile unita a una cospicua attitudine a un nitore cromatico che resta tale persino nella più accentuata oscurità. Così Tiziana Morganti può agevolmente mettersi nella posizione di colei che scruta il passato avvertendolo remotissimo e pure ancora desiderabile e forse attingibile.
 Ritorna in queste opere delicate e intime quella dimensione del realismo magico che nel nostro Paese sostenne, tanti anni fa nel secolo scorso, il lavoro di maestri eletti come Antonio Donghi e questi, a loro volta, guardavano lontano verso il Romanticismo tedesco dell’Ottocento di un Caspar David Friedrich.
Su questo tipo di tragitto entra con spontaneità e immediatezza una artista di oggi come la Morganti.
Anche lei guarda da lontano e guarda le sue stesse opere che rappresentano persone ( e animali, uno dei quadri più belli è dedicato al cane Argo) che guardano immobili un paesaggio altrettanto immobile e remoto.
Persino il mare su cui passa la nave antica è fermo e arcaico, quasi fosse stata prelevata da un vaso greco.
C’è nella nostra artista quel singolare bilanciamento tra un limpido sguardo e un sentimento oscuro che proprio sul quadro trovano un punto di felice sintesi altrimenti inattingibile.
Ne scaturisce non tanto un’arte rievocativa di storie e avventure quanto un’arte evocativa di stati d’animo e reconditi pensieri.
Come a dire che la venerazione della classicità ( che si avverte anche nei quieti versi che accompagnano la mostra) si incunea nelle nostre menti fino a provocare una sorta di incantesimo.
Indietro non si torna e avanti si stenta a procedere.
Da qui nascono queste opere fragili e solide insieme.
Una esperienza  estetica notevole e degna di convinta adesione.

                                                                                                                              Claudio Strinati
                                                                                                                                                              Storico dell’arte